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Lettera Aperta

Preg.mo Presidente Giuseppe Manfredi,
ad oggi, 30 aprile 2021, non ci risulta sia stato assunto alcun provvedimento disciplinare nei confronti della società sportiva di Pordenone presso la quale l’atleta Lara Lugli era ingaggiata e che le ha consapevolmente fatto sottoscrivere un contratto contenente una clausola inaccettabile (prima ancora che nulla, in quanto contraria all’ordine pubblico). La clausola era quella di recesso unilaterale per giusta causa nel caso di eventuale maternità.
In data 7 marzo 2021, Lara Lugli ha reso pubblica l’incredibile citazione in giudizio che la stessa società Volley Pordenone ha spiccato nei suoi confronti, per opporre l’ordine giudiziale di pagamento dell’ultimo mese di stipendio, la cui emissione l’atleta era stata costretta a richiedere ad un giudice, essendosi la società resa inadempiente proprio in ragione della sopravvenuta maternità e benché l’atleta avesse prestato la sua opera di pallavolista.
L’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo accusa l’atleta di essersi comportata in malafede:
“Vendendo prima la sua esperienza con un ingaggio sproporzionato e nascondendo poi la sua volontà di essere madre. Una scelta che ha portato la squadra a doversi privare di lei a stagione in corso, perdendo di conseguenza molti punti sul campo e infine anche lo sponsor”.

Nonostante le tante parole di sdegno che sono state spese, sia a livello nazionale che internazionale, sia a livello politico che istituzionale dalle massime cariche dello Stato su questa vicenda, siamo basite di dover constatare che ad oggi né la sua Federazione né il CONI siano in alcun modo intervenuti a risoluzione della vicenda e che, anzi, neppure finalità dimostrative abbiano fatto sì che si procedesse con un doveroso provvedimento disciplinare nei confronti della associazione sportiva che ha palesemente violato obblighi vincolanti per le istituzioni italiane e per gli enti, sia pubblici che privati, obblighi sanciti in norme nazionali, europee ed internazionali.

Ci chiediamo infatti come abbia potuto rispettare quella “lealtà sportiva” chiesta ai tesserati, un club che abbia violato principi cardine dell’ordinamento italiano e sovranazionale, quali quelli proclamati:
– nella Costituzione Italiana agli artt. 2, 3, 10, 31, 32, 37, 117;
– nel Decreto Leg. 26/03/2001 num. 151
– nel Decreto Leg. 15/06/2015 num. 80
– nel Legge 28/06/2012 num. 92

– nel Patto internazionale sui diritti civili e politici (1966): in particolare agli artt. 2 e 3;
– nel Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali: in particolare agli artt. 3, 4, 5, 6 e 7;
– nella Convenzione delle Nazioni Unite sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione
contro le donne (CEDAW) del 18 dicembre 1979;
– nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea del 2000 (Carta di Nizza): in particolare agli artt. 21, 23 e 33 (all’art. 21 è previsto il divieto di ogni forma di discriminazione fondata sul sesso, l’origine etnica o la razza, le convinzioni particolari e le opinioni politiche; mentre, all’art. 23, viene confermato il principio di parità tra uomini e donne in tutti i campi della vita sociale, a partire da quello del lavoro); la Carta di Nizza riconosce inoltre il diritto al congedo di maternità retribuito (art. 33).

 

Ricordiamo peraltro che con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, la Carta dei diritti fondamentali ha assunto carattere giuridicamente vincolante.
E ancora, riteniamo siano violati:
– la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) del 1950: in particolare all’art. 8 – diritto alla vita privata e familiare. Si evidenzia che la Corte europea dei diritti dell’uomo in diversi casi ha condannato gli Stati parte della Convenzione per violazioni rispetto alla vita privata, all’autodeterminazione nell’esercizio di diritti protetti dalla Convenzione senza che vi sia un interesse pubblico prevalente, per la violazione del diritto alla salute della donna, per la violazione del diritto della donna a diventare madre;
– la Risoluzione del Parlamento europeo del 21 gennaio 2021 sulla strategia dell’UE per la parità di genere (2019/2169(INI)): in particolare rileva il considerando Z, secondo cui:
“Z. considerando che le donne e le ragazze devono affrontare una serie di ostacoli nel settore dello sport, in cui non solo subiscono violenza, ma sono anche soggette a discriminazioni relative alla retribuzione, ai premi in denaro e alle condizioni di lavoro e sono ampiamente sottorappresentate nei consigli amministrativi delle organizzazioni e nei media sportivi;

 

Ci chiediamo, oltre a quanto già detto relativamente a un mancato provvedimento disciplinare, come sia possibile che all’atleta Lugli sia stato chiesto, da più parti, inclusa la presidenza che lei ricopre, di trovare una transazione amichevole e non piuttosto di proseguire, come doveroso, nell’ottenimento di quanto alla atleta spetta di diritto. Ci chiediamo come non le siano state presentate delle scuse pubbliche per quanto ha dovuto subire e, soprattutto, ci chiediamo come sia possibile che nessuno sia stato in grado di portare ad una azione di doveroso buon senso l’associazione sportiva inducendola a ritirare volontariamente la citazione a giudizio.
Ci troviamo di fronte ad una situazione non solo di gravità inaudita, ma di reiterata indifferenza verso l’atleta, verso tutte le donne italiane e nei confronti di quel rispetto che si deve ad una donna che scelga di avere un figlio.
La maternità è un bene prezioso, patrimonio collettivo per il futuro di ogni Paese, la maternità è un diritto inviolabile di ogni donna. E’ per questo, Presidente Manfredi, che la esortiamo a far sì che la Federazione Nazionale Pallavolo intervenga in misura immediata, esemplare, chiara e pubblica contro la società sportiva, responsabile del comportamento di cui tutti sono a conoscenza e a causa del quale testate di livello mondiale come il New York Times e The Guardian hanno annoverato l’Italia tra i Paesi che eserciterebbero ictu oculi una vera e propria discriminazione istituzionale e di sistema verso le atlete italiane.
Chiediamo che la giustizia sportiva agisca subito e con ogni strumento perché questa vicenda abbia l’epilogo che merita.
Abbiamo ritenuto doveroso estendere questa nostra iniziativa non solo al Presidente del CONI, che ricordiamo ha un dovere di vigilanza sull’operato federale, ma anche alla Presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, essendo intervenuta a riguardo, e alla Ministra per le Pari Opportunità, on. Elena Bonetti, che ha da subito manifestato la sua solidarietà, anche incontrando Assist e l’Associazione Italiana Pallavolisti.

 

Lo Sport ha un dovere preciso: rispettare per primo i Valori che esso deve rappresentare e che sono sanciti, non solo in quanto sopra elencato, ma anche nello Statuto stesso del CONI, nei Principi Fondamentali e nello stesso Statuto della Federazione Italiana Pallavolo.
Confidiamo, pertanto, in un immediato e fattivo riscontro, ricordando che l’udienza di prima
comparizione, nella causa che vede convenuta per danni Lara Lugli, è fissata per il 18 maggio 2021 a Pordenone, talché nella denegata ipotesi in cui questa richiesta d’intervento restasse inascoltata, riteniamo che inevitabilmente il segnale che le Istituzioni sportive darebbero al Paese sarebbe quello di loro connivenza e condivisione, con conseguente grave ed irrimediabile pregiudizio per la giustizia e le pari opportunità nello Sport Italiano.

 

Cordiali saluti

 

 

LETTERA APERTA

Preg.mo Presidente

Federazione Italiana Pallavolo
Giuseppe Manfredi
E alla cortese attenzione
Preg.ma
Presidente del Senato
Sen. Maria Elisabetta Alberti Casellati
Preg.ma
Ministra Pari Opportunità
On. Elena Bonetti
Preg.mo
Presidente del Comitato Olimpico Nazionale Italiano
Giovanni Malagò

Luisa Rizzitelli
Presidente di Assist Associazione Nazionale Atlete

 

Avv. Filippo Biolè
Resp. Legislazione e diritto
Assist Associazione Nazionale Atlete

 

Loredana Pesoli
Resp. Relazioni Istituzionali
Assist Associazione Nazionale Atlete

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